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La Pedagogia per una cultura contro la violenza sulle donne

In questi giorni – purtroppo a seguito dei recenti fatti di cronaca – sono tornati alla ribalta i temi riguardanti l’educazione all’affettività, tanto che da diverse parti politiche si stanno sollecitando interventi legislativi, mirati a introdurre queste tematiche nella scuola. Ma ancora una volta qualcuno, in primis il Ministro dell’Istruzione e del Merito, evidenzia la necessità della presenza di psicologi nella scuola.

In qualità di pedagogisti, vogliamo evidenziare come l’ennesimo appello alla necessità di un sostegno psicologico, indicato quale unica soluzione per l’incapacità di sostenere le immancabili traversie di una relazione sentimentale, sia l’espressione di una scarsa consapevolezza di ciò che accade, ogni giorno.

Analogamente soffermarsi sul tristissimo epilogo della vita di Giulia, solo perché ampiamente mediatizzato e auspicare altrettanto improbabili pene detentive a vita, indicano l’approssimazione con la quale alcuni si sentono per ruolo, in dovere di esprimersi.

Appunto per questo ridurre la soluzione di una realtà dagli esiti altamente devastanti, qual è la violenza sulle donne, ad un mero e spesso sterile intervento psicologico, risulta un esercizio piuttosto inutile, non tanto per le dinamiche che esso implica, che possono condurre certamente ad un esito favorevole, quanto per l’impossibilità di esercitarlo preventivamente.

Dunque è necessario agire in anticipo e per farlo sono fondamentali la Pedagogia, l’Educazione, la Cultura, proponendo modelli educativi significativi e positivi nella scuola e non solo.

Individuare quale unica soluzione praticabile la violenza, per risolvere le proprie incapacità a vivere una relazione anche in termini affettivi, significa aver assimilato dei parametri di comportamento e di confronto presenti nel contesto e di averli elaborati sulla base di modelli educativi e culturali certamente inadeguati.

Non è con una prassi medicalizzante o con gli esiti punitivi che si può rendere consapevole l’attuale e la futura composizione sociale della necessità di vivere la dimensione affettiva delle relazioni, sconfessando i modelli stereotipati e mercantilistici ormai endemici.

Per tutto ciò, come Pedagogisti, ci mettiamo a disposizione delle istituzioni – in particolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito – per realizzare  il piano relativo all’educazione alle relazioni, che sta per essere avviato nelle scuole, come annunciato dal Ministro Valditara nel corso di una recente intervista al quotidiano La Repubblica, ma che – come da lui stesso affermato – si basa su “linee guida stilate con psicologi e giuristi”, ignorando ancora una volta gli specialisti dell’educazione e della formazione, che peraltro le nostre università continuano a laureare, forse inutilmente.

ANPE – Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani
La Presidente
Maria Angela Grassi


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